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master in neuromarketing
Le conoscenze nel campo del neuromarketing e delle scienze cognitive hanno fatto davvero passi da gigante in questi ultimi anni e i libri sull’argomento sono sempre più numerosi. Ma un master in neuromarketing è davvero la scelta più spendibile a livello lavorativo? Basta a fare una ricerca su Google per capire quanto è richiesta una figura professionale specializzata in neuromarketing.
Un Master può essere certificato da università o enti di formazione accreditati (in questo caso è da prevedere un costo dovuto alle fees richieste che varia a seconda dell’università o dell’ente) in alternativa è possibile fare un Master non accreditato, i contenuti non cambiano cambia molto il costo che si limita solo all’organizzazione


I diversi stimoli vengono scannerizzati inconsapevolmente dal nostro cervello e sono proprio questi meccanismi a portarci a fare associazioni con i diversi marchi, collegandoli a determinati odori, suoni, colori, sensazioni o emozioni.
Le tecniche neuroscientifiche fanno luce su queste dinamiche, fornendo ad aziende e marketer degli insight sui reali bisogni, desideri e percezioni dei consumatori poiché consentono di analizzare le risposte emotive e cognitive dei consumatori ai diversi stimoli di marketing.
Studiosi come Paul Broca hanno avuto un ruolo determinante nella comprensione delle aree del cervello associate alla gestione delle emozioni. Anni dopo, sostenuti dalle evoluzioni tecnologiche e scientifiche, neuroscienziati come António Rosa Damásio, Joseph LeDoux e Paul D. MacLean hanno approfondito questi argomenti portando avanti importanti ricerche sul funzionamento dei processi decisionali. Partendo da questi studi, il neuromarketing si serve di strumenti come elettroencefalogrammi, fMRI, tomografia ad emissione di positrioni, eye-tracking che permettono di misurare quali aree del cervello vengono attivate durante la visualizzazione di un annuncio o la presentazione di un determinato logo o prodotto. Ad esempio, sapendo che l’attivazione della corteccia prefrontale sinistra è associata alle emozioni positive, i marketer possono ottenere dati sulla risposta del cervello ai diversi stimoli esterni.




Gli esperti di neuromarketing ritengono che i metodi di ricerca tradizionali (come focus group e sondaggi) siano spesso molto imprecisi, considerando che i consumatori non riescono mai ad esprimere perfettamente i meccanismi inconsci che li spingono a comprare certi prodotti. Effettivamente, la risposta razionale del consumatore a sondaggi o questionari è spesso condizionata da diversi fattori, più o meno consapevoli. Da un lato spesso gli individui cercano di dare la risposta ‘giusta’ perché, essendo per natura socievoli, cercano continuamente l’approvazione altrui e questo fattore va ad influire sulle risposte e sui comportamenti. Dall’altra parte, invece, ciò che crediamo di provare non sempre corrisponde alla realtà, motivo per cui le risposte fornite dagli intervistati spesso non coincidono con i risultati dei test di imaging cerebrale.
Tuttavia, esperti come Elissa Moses, ex-CEO del Neuroscience and Behavioral Science Center di Ipsos difendono la coesistenza di questi due approcci, sottolineando quanto sia importante non sottovalutare l’ascolto del consumatore che può comunque fornire informazioni molto utili sul processo d’acquisto. Come spiega Giampiero Lugli nel libro “Emotions tracking: come rispondiamo agli stimoli di marketing” «queste nuove tecniche di indagine non sostituiscono le vecchie, ma le completano.
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